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I Dialetti |
Area Didattica Secondaria - Anno Scolastico 2017-2018 |
Mercoledì 02 Maggio 2018 12:27 |
La lingua lombarda proviene dai celti, dai liguri, dai camuni. I dialetti: La storia dei dialetti italiani è, per molti versi, la storia stessa dell'italiano. Infatti, l'italiano deriva dal latino, così come dal latino discendono i dialetti che si parlano in Italia. Inizialmente tutte le lingue derivate dal latino venivano chiamate lingue volgari. La parola volgare vuol dire appunto parlato dal volgo (dal latino vulgus), cioè dal popolo, che ormai non conosceva più il latino. Così il siciliano, il bolognese, il piemontese, il veneziano, il lombardo, che oggi chiamiamo dialetti, all'inizio erano lingue volgari. Contare i dialetti è veramente difficile, se non impossibile. È difficile da tracciare il confine tra un dialetto e l'altro. Infatti in ciascun paese e in ogni villaggio il dialetto ha spesso caratteristiche che lo differenziano da quello del paese o del villaggio vicino. In genere si fa riferimento a regioni, a province o a grandi città per definire i dialetti. E così parliamo di dialetto calabrese, piemontese o lombardo, milanese, cosentino, e così via. Ma in realtà sono denominazioni molto larghe e imprecise, perché spesso le differenze sono tali che non vi è possibilità di comprensione reciproca perfino all'interno della stessa regione. Inoltre, i suoni dei dialetti dell'Italia settentrionale, centrale e meridionale possono essere notevolmente diversi tra loro. Parte di questa diversità dipende addirittura dalle lingue che vi erano parlate prima della diffusione del latino. Nemmeno gli studiosi trovano una risposta unica e condivisa sulle differenze tra una lingua e un dialetto. Ad ogni modo, si può dire che il dialetto potrebbe essere definito come una lingua utilizzata da un gruppo ristretto di persone, in un luogo specifico e che non ha usi ufficiali: si dice che una lingua ha usi ufficiali se è utilizzata nella scuola e nell'amministrazione, per esempio negli uffici pubblici e nei tribunali. Una differenza evidente consiste nella limitazione territoriale dei dialetti, nel fatto cioè che essi sono limitati a una determinata area geografica, rispetto all'italiano che si parla in tutta la nazione. Altre differenze sono di uso sociale: la scuola, i giornali, la televisione, il cinema, l'amministrazione pubblica usano infatti l'italiano e non il dialetto. Inoltre, chi conosce il dialetto in genere lo adopera molto di più in famiglia e con gli amici, mentre fuori di casa e con gli estranei usa più frequentemente l'italiano. Solo in seguito, e in conseguenza di determinate vicende storiche, tali lingue sono divenute più diffuse e usate ufficialmente. Ma i dialetti sono lingue soprattutto perché, così come tutte le altre lingue, sono in grado di esprimere qualsiasi cosa, inoltre il dialetto è utilizzato anche in attività considerate 'elevate', come per esempio in letteratura. Già nel 17° secolo, per esempio, Giambattista Basile pubblicò nel dialetto napoletano un volume che raccoglieva molte fiabe popolari. Anche altri autori hanno usato il dialetto, come Carlo Goldoni, il poeta Giuseppe Gioacchino Belli e il poeta Carlo Porta. In tempi molto più vicini a noi, ricordiamo poeti come Pier Paolo Pasolini, che scrive poesie in friulano, Albino Pierro Tonino Guerra. L'elenco potrebbe continuare, poiché esistono esempi di poeti dialettali per ciascun dialetto, anche se non tutti sono bravi come quelli citati. Ma il dialetto non viene usato solo per le poesie, è la lingua di uno dei più grandi autori teatrali del Novecento, Eduardo De Filippo. É presente anche al cinema e in televisione, dove spesso è usato per caratterizzare personaggi popolari o comici. Non va dimenticato, inoltre, il dialetto nella canzone, prima fra tutte la canzone napoletana, che ha un'importanza e una diffusione internazionali. Insomma, il dialetto ha una tradizione letteraria e artistica che dura fino ai nostri giorni. Infatti, molti pensarono di insegnare l'italiano senza tenere conto che il dialetto era la lingua materna, cioè la prima lingua, la lingua parlata prima di andare a scuola e fuori della scuola. Il dialetto era proibito a scuola, dove si doveva usare solo l'italiano, anche se per molti era una vera e propria lingua straniera. Fu un errore, che non consentì a molti né di imparare l'italiano né di acquisire un titolo di studio. Questo atteggiamento negativo durò per oltre un secolo, fino a pochi decenni fa, facendo nascere anche in molti quasi un senso di vergogna per il dialetto. Dalla seconda metà del secolo scorso a oggi la situazione è radicalmente cambiata. Grazie a un impegno più incisivo nell'istruzione e alla diffusione della radio e della televisione, oggi quasi tutti conoscono e usano l'italiano. Tuttavia questo non vuol dire che il dialetto è scomparso, poiché circa il 50% continua a usarlo. In altre parole circa trenta milioni di Italiani conoscono e usano sia l'italiano sia il dialetto: in relazione alle circostanze o a chi ci si rivolge molti scelgono se usare l'uno o l'altro. Anzi, perfino nella stessa frase spesso ci sono parole o espressioni sia italiane sia dialettali. Il termine può indicare indifferentemente sia il dialetto parlato nella città di Como che l'insieme delle varietà affini parlate nel territorio comasco. Per comprendere l'evoluzione di questo dialetto è necessario riconoscerne l'origine e gli influssi. Nell'antichità, la zona del Lario fu occupata da Orobi, Leponzi ed Etruschi; successivamente, fu oggetto di importanti invasioni da parte delle tribù celtiche dei Galli. Nel periodo romano, il latino è stato deformato dal celtico, che sarà determinante nella formazione fonetica e lessicale dell'odierno dialetto. Nell'Alto Medioevo l'area fu occupata dai Longobardi, i quali probabilmente parlavano un dialetto della lingua sassone e che portarono un ulteriore apporto lessicale. La sua ortografia si basa su quella della lingua italiana, ma si distingue per l'uso delle dieresi nella rappresentazione delle vocali turbate, come nella lingua tedesca. Nel dialetto comasco si ritrovano gli stessi foni che contraddistinguono le altre varianti della lingua lombarda. |